giovedì 10 settembre 2015
Mentalità
Poi vabbeh.
La fotografia qui sopra mostra inequivocabilmente un certo tipo di atteggiamento mentale di approccio al gioco.
Se volete ve la spiego: prima palla, inizia la partita. Si gioca in 7, sulla linea di metà campo sono in 6 perchè il portiere non se l'era sentita.
Questo può voler dire alcune cose:
1- la palla ce l'ho io, e adesso andiamo a fare goal.
2- sono talmente sicuro che la palla la tengo io, che non prendo nemmeno in considerazione il fatto che potrei perderla e prendermi in faccia un contropiede.
3- nella realtà dei fatti, se anche si realizzasse ciò di cui al punto 2, l'importanza è talmente marginale da non prevedere che succeda.
4- io ho la palla. comando io. se la palla ce l'hai malauguratamente tu, vengo a riprendermela e poi gioco io.
5- più la palla è lontana dalla mia porta, più sarà facile evitare problemi difensivi
Trasferire questi semplici concetti non è immediato. Ci va del lavoro più psicologico che tecnico, che porta a un certo tipo di risultati. Non numerici, chiaro, di quello se ne occupino i grandi.
Il risultato più evidente è che tutti si sentono partecipi del gioco, avendo l'idea fissa di attaccare per fare goal. In fondo ai bambini piace fare goal. Non capiscono la poesia del fraseggio, dell'assist. Devono fare goal.
E facciamoglielo fare suvvia.
Nello specifico, questi della foto costruivano una montagna di azioni da rete per il solo gusto di poterle sprecare tirando fuori, in faccia al portiere o addosso a un difensore, contro il palo o la traversa.
Ma quanto è divertente?
#ilmiocalcioèdifferente
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